F. Rolando: Bambini abbandonati, confini e perdute identità

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Title
Bambini abbandonati, confini e perdute identità. Esposti e trovatelli tra Comasco e Svizzera italiana: abbandono, assistenza, balie nei secoli XVIII e XIX


Author(s)
Rolando, Fasana
Published
Como 2020: NodoLibri
Extent
104 S.
by
Elisabetta Canobbio

Esito di una ricerca condotta su un variegato spettro di fonti, alcune delle quali per la prima volta oggetto di valorizzazione, il volume tratta il tema dell’infanzia abbandonata in Canton Ticino dal Settecento allo scorcio del secolo successivo. Notoriamente connessa ai comportamenti praticati dai ceti meno abbienti per contenere le conseguenze materiali delle eccedenze demografiche – dunque non necessariamente circoscritta al frutto di relazioni irregolari – fu infatti soprattutto dall’ultimo quarto del XVIII secolo che nel territorio considerato l’esposizione di bambini assunse dimensioni rilevanti che evidenziano tratti peculiari del fenomeno, in relazione alla forte permeabilità dell’area alla circolazione di uomini e merci.

Nella prima parte del saggio – Trovatelli di contrabbando – Fasana indaga tempi e modalità degli abbandoni – cui solo in misura limitata faceva fronte l’assistenza prestata ai bambini presso gli ospedali di Locarno, Bellinzona e Lugano – e ne individua l’elemento distintivo nel progressivo confluire dei bambini nell’area meridionale del Sottoceneri, in vista del loro trasferimento clandestino oltre il confine, verso il Luogo Pio degli Esposti dell’ospedale S. Anna di Como e, in misura minore, il brefotrofio milanese di S. Caterina alla Ruota e l’Ospedale maggiore della Carità di Novara. Trattare l’abbandono infantile significa quindi tener contro dei confini e dei territori, delle giurisdizioni e delle consuetudini, degli scambi tra comunità limitrofe, in quanto l’organizzazione del sistema di trasporto dei bambini al di fuori del Cantone molto doveva alle plurisecolari relazioni tra le regioni coinvolte nel “contrabbando”, separate dal confine geopolitico ma solidali, tra l’altro, in virtù della comune appartenenza ecclesiastica, di consuetudini religiose, della circolazione di manodopera, degli scambi matrimoniali.

Oggetto della seconda parte del saggio è l’approdo dei trovatelli attraverso un affondo sulle Balie ingaggiate presso il brefotrofio di Como o, più frequentemente, affidatarie dei bambini all’interno del proprio nucleo famigliare – talora anche ben oltre lo svezzamento. Fasana dà conto analiticamente degli ingenti sforzi profusi dal S. Anna di Como per far fronte alla carenza di nutrici e per garantire la sopravvivenza e l’inserimento sociale dei bambini mediante norme codificate e un sistema di controllo che vigilasse sulle condizioni sanitarie delle balie e delle famiglie di “allevatori”, sulla loro moralità e sulla propensione ad avviare i piccoli al lavoro. L’andamento della mortalità infantile, ricomposto sulla base di relazioni mediche e, dal 1816, dei registri dei morti del S. Anna, conferma la centralità del baliatico nel sistema di cura dei trovatelli, che risultano essere stati meno vulnerabili a patologie mortali se affidati a nutrici esterne – per lo meno fino all’ultimo ventennio del secolo, quando nelle campagne la pratica del baliatico diminuì, a fronte del frequente inserimento delle donne in attività integrative dell’economia famigliare, in particolare nell’ambito della produzione tessile.

Nel capitolo Qualche dato l’elaborazione statistica dei dati seriali contenuti nella documentazione consente l’analisi più fine delle pratiche di esposizione, di cui per la prima volta si rilevano il complessivo andamento plurisecolare presso il S. Anna di Como (dal 1707 al 1900) e l’incidenza degli abbandoni che facevano capo alle località del Canton Ticino. Le pagine conclusive delineano infine le trattative intercorse tra i governi della Confederazione elvetica e la direzione del luogo pio comasco nell’intento di contenere le esposizioni e di alleggerire attraverso indennizzi gli oneri sostenuti dall’ente comasco – tentativi rimasti senza esito, ma la cui memoria documentaria costituisce un interessante punto di osservazione anche sulla valutazione del fenomeno da parte delle autorità elvetiche.

Tra i numerosi elementi di interesse del saggio di Rolando Fasana si rileva l’ampio e ponderato uso di fonti di diversa natura. I prospetti compilati dalla direzione del brefotrofio provinciale e i dettagliati resoconti degli abbandoni contenuti nei fascicoli personali custoditi presso l’Archivio Storico dell’Amministrazione provinciale di Como dischiudono il più ampio contesto sociale nel quale si dipanarono le molte e dolorose vicende di esposizione, mentre affondi su generalità e provenienza degli esposti, circostanze del loro abbandono, fattori di morbilità e di mortalità presso il Luogo pio degli esposti di Como si sono avvalsi con profitto dei registri sacramentali della parrocchia di Sant’Anna di Como. La serie, solo in tempi recenti recuperata e resa accessibile alla pubblica fruizione, ha altresì offerto le imponenti serie di dati utilizzati per ricostruire l’andamento dell’accoglienza dei trovatelli nel brefotrofio cittadino dai primi anni del Settecento all’inizio del XX secolo. Tra gli esiti dell’incrocio di fonti risalta – e definisce l’elemento distintivo dello specifico caso di studio – l’accurata ricostruzione dei percorsi lungo i quali, attraverso ripetute esposizioni, era organizzato il transito dei trovatelli verso i brefotrofi italiani: un sistema di trasporto illegale ma strategicamente sostenuto dalle comunità – in tal modo alleggerite dall’onere del sostentamento dei piccoli – e innestato sui luoghi (del culto, del lavoro, del transito) e sulla fitta rete di connivenze che da secoli sorreggevano e alimentavano l’attività contrabbandiera lungo il confine.

All’uso di diverse tipologie documentarie si deve anche l’efficace disamina sulle nutrici ingaggiate dal S. Anna, focalizzata sulle modalità di reclutamento delle donne e sulla loro provenienza (sovente coincidente con quella dei bimbi loro affidati), ma attenta anche alle trasformazioni del baliatico, opportunamente collegate dall’Autore agli assetti e all’evoluzione del lavoro femminile nelle società rurali del secondo Ottocento. L’efficace raccordo tra lo specifico caso di studio e quadri interpretativi più generali – riguardanti le attività economiche e le strutture famigliari, il ruolo della donna, le credenze e la mentalità – costituisce in effetti uno dei tratti qualificanti del saggio, anche se nell’economia della dissertazione qualche elemento di specificità avrebbe forse meritato una autonoma trattazione – come la stimolante ipotesi circa l’origine del cognome “Croce”, talora attribuito agli esposti presso il S. Anna di Como e secondo Fasana ascrivibile alla peculiare organizzazione degli spazi ospedalieri destinati all’accoglienza e alla cura dei bambini. L’esposizione è efficacemente integrata dall’apparato iconografico, che valorizza inediti materiali d’archivio, e dall’indice dei nomi, che annovera anche quelli dei trovatelli, a parziale risarcimento delle molte, perdute identità evocate da queste pagine. (Elisabetta Canobbio)

Zitierweise:
Canobbio, Elisabetta: Rezension zu: Rolando, Fasana: Bambini abbandonati, confini e perdute identità. Esposti e trovatelli tra Comasco e Svizzera italiana: abbandono, assistenza, balie nei secoli XVIII e XIX, Como 2020. Zuerst erschienen in: Archivio Storico Ticinese, 2021, Vol. 170, pagine 100-101.

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Archivio Storico Ticinese, 2021, Vol. 170, pagine 100-101.

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